Tutela dei diritti di proprietà industriale: paesi dove prestare particolare attenzione
Spesso i nostri clienti, specie le PMI che hanno poca esperienza con la proprietà industriale e/o che muovono i primi passi sul mercato globale, ci chiedono consiglio su quali paesi/aree geografiche dirigere la propria attenzione.
Salvo casi particolari, solitamente consiglio di iniziare con a) il territorio dove l’azienda ha sede legale e il proprio centro direzionale e di R&D, b) il territorio dove avviene, avverrà la produzione e, ovviamente, c) i territori principali di commercializzazione, intesi sia come mercati attuali che prospettici.
Inoltre, compatibilmente con il budget a disposizione, occorre considerare i “paesi a rischio”, dove più spesso si concentrano i fenomeni di contraffazione dei diritti di proprietà industriale, siano essi marchi, brevetti, design. L’identificazione di questi paesi da tenere in particolare attenzione è basata sull’esperienza del professionista e sulla ampia casistica di cui DeosIP dispone.
Fin qui, nulla di nuovo. Tuttavia ho notato di recente un aggiornamento dello studio che la Commissione Europea conduce con regolarità e che aiuta a orientarsi ulteriormente su questo tema (Report on the protection and enforcement of intellectual property rights in third countries).
Il report identifica in particolare i paesi terzi (ovverosia i paesi che non fanno parte dell’UE) definiti come prioritari per la Commissione. Non si tratta necessariamente di stati che non riconoscono i diritti IP delle imprese europee, ma di stati in cui specialmente le PMI che non dispongono di una struttura legale interna o di un network internazionale strutturato possono incontrare difficoltà, scontrarsi con procedure di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e industriale lunghe e farraginose. Il tema è tutt’altro che teorico: del resto, oltre l’80% del valore delle esportazioni UE è generato da IPR-intensive industries.
Ebbene quali sono secondo lo Studio i paesi prioritari? Sono raggruppati in tre categorie:
- Cina
- India, Indonesia, Russia, Turchia, Ucraina
- Argentina, Brasile, Ecuador, Malaysia, Nigeria, Arabia Saudita, Thailandia
Per quanto riguarda la Cina, il perché è presto detto e non occorre essere addetti ai lavori. Basta leggere i giornali: oltre l’80% dei flussi di prodotti contraffatti in Europa, sia per valori che per volumi, provengono tuttora dalla Cina.
I paesi del gruppo 2 presentano problemi di ordine sistemico, sia sotto il profilo delle procedure di registrazione che sotto il profilo delle procedure amministrative e giudiziarie di tutela, che sono spesso difficoltose e poco effettive.
I paesi del gruppo 3 presentano gli stessi problemi del gruppo 2, ma in misura meno seria.
Da notare che gli ultimi entrati in questi circoli di paesi sotto monitoraggio sono Arabia Saudita e Nigeria. Possiamo confermare che si tratta di paesi di elevato interesse anche per le industrie italiane e, per quanto riguarda la Nigeria, è diventato negli ultimissimi anni un mercato per le esportazioni alimentari, incluso il vino italiano. La Nigeria è però anche utilizzata come paese di transito per le importazioni di merci contraffatte dalla Cina che dalla Nigeria sono poi dirottate agli altri paesi dell’Africa Occidentale e persino verso l’Europa.
Altri paesi sotto attenzione, per diverse ragioni, da parte della Commissione, sono Canada, Corea del Sud, Messico e Vietnam (con i quali l’UE ha concluso o sta per finalizzare Free Trade Agreement), Israele, Marocco, Paraguay, Filippine, Sudafrica, Svizzera, Emirati Arabi Uniti.
Naturalmente, paese che vai usanza che trovi, nel senso che la tipologia della criticità e il livello di gravità della stessa cambia da paese a paese e non è questa l’occasione per approfondire.
Ricordiamo soltanto alcune delle criticità mediamente più ricorrenti:
- basso livello di tutela dei Trade Secrets e frequente casistica di “furto” di proprietà intellettuale (specie in India e Cina);
- elevato livello di circolazione di prodotti contraffatti, soprattutto destinati alla UE come mercato finale;
- pirateria online;
- assenza o debolezza di procedure doganali di intervento ex officio;
- sanzioni per i contraffattori troppo deboli e/o inefficaci, e dunque poco incisive come deterrente.
Non a caso, molti fra i paesi menzionati sono quelli dove operiamo più di frequente.
Incrociando il report della Commissione con la nostra esperienza sul campo di questi ultimi anni, ritengo che i paesi da seguire più da vicino, possibilmente tutelandosi opportunamente, sono, in rigoroso ordine sparso: Messico, Brasile, Argentina, Svizzera, Grecia, Turchia, Russia, Ucraina, Israele, India, Cina, Corea del Sud, Vietnam. Se avete interessi in questi paesi, fate insomma doppiamente attenzione.
Sicuramente ne dimentico qualcuno, ma se avete dubbi siamo a disposizione.
Boris Osgnach