Bevande alcoliche o analcoliche. Quale la differenza?
Secondo voi l’acqua minerale è simile alla vodka? E le birre sono simili alle bevande energetiche? Le birre, le acque minerali e gassose sono diverse dai vini?
La risposta, per quanto riguarda i conflitti tra i marchi, non è poi così scontata.
Un “cocktail” di valutazioni divergenti espresse negli anni dalla giurisprudenza dell’Ufficio Europeo per la Proprietà Industriale (EUIPO) ha generato una serie di decisioni non sempre conciliabili e coerenti tra loro.
La questione è stata sollevata anche di recente nell’ambito della procedura di opposizione avviata nei confronti del marchio dell’Ue “ZORAYA” n. 018015469 depositato nella classe 32 per “Bevande analcoliche, bevande gassate aromatizzate, acque, acqua frizzante arricchita di vitamine, bevande” da parte della titolare del marchio dell’Ue VIÑA ZORAYA, registrato nella classe 33 per “Vini, distillati e liquori”.
La Divisione di Opposizione dell’EUIPO ha respinto in primo grado l’opposizione ritenendo i predetti prodotti della classe 32 e della classe 33 dissimili, sulla scorta di un filone giurisprudenziale costante e rigido che ritiene le bevande analcoliche della classe 32 e quelle alcoliche della classe 33 non interferenti tra loro.
La Divisione si è allineata in particolare alla decisione della Commissione allargata dell’EUIPO del 21 gennaio 2019 – R 1720/2017-G, (Iceberg) che ha ritenuto dissimili dalla vodka, l’acqua minerale, l’acqua gassata, le bevande analcoliche, le bevande alla frutta e i succhi di frutta.
Per valutare la somiglianza tra le bevande alcoliche nella classe 33 e le bevande analcoliche nella classe 32, come nel caso citato, giova ricordare che, secondo i criteri consolidati nella prassi applicata dall’EUIPO e presi in considerazione dalle Divisioni di opposizione e di Ricorso (innanzi a marchi confliggenti), è necessario considerare in particolare, la natura, la destinazione d’uso, il modo di utilizzo, il rapporto di concorrenzialità o complementarietà, i canali di distribuzione, l’origine abituale (produttore/fornitore) dei prodotti e il pubblico di riferimento.
A questo punto è lecito domandarsi:
Ma questi criteri di per sé sono sufficienti?
È corretto distinguere le bevande sulla base della loro natura alcolica o analcolica?
Si può affermare che le bevande analcoliche sono diverse da quelle alcoliche in quanto le prime soddisfano il bisogno di “dissetare” mentre le seconde vengono consumante prevalentemente durante le occasioni di convivialità?
È plausibile sostenerne la similarità perché si tratta di bevande complementari tra loro quando possono essere miscelate insieme per la produzione di cocktail?
Le modalità di distribuzione possono effettivamente costituire un criterio di valutazione anche se alcune bevande alcoliche vengono distribuite mediante gli stessi canali di vendita?
Difficile giungere a una soluzione univoca, soprattutto se non si tiene conto di un fattore importante che sfugge a questi criteri: le abitudini dei consumatori e le pratiche di mercato.
Al fine di elaborare ulteriormente la giurisprudenza relativamente alla valutazione del grado di somiglianza tra bevande analcoliche e bevande alcoliche, con l’impugnazione della decisione di opposizione che abbiamo citato all’inizio di questo articolo, la questione è stata portata nuovamente all’attenzione della Commissione di Ricorso c.d. Allargata, speriamo per chiarire una volta per tutte se questa somiglianza esista o meno.
Si tratta infatti di un tema non banale e di grande impatto per le aziende che operano in questo settore e che al giorno d’oggi si trovano a dover far fronte ad un mercato in continuo mutamento tra bevande ad alto contenuto di alcool e bevande a grado alcolico zero o molto contenuto.
Vi è infatti da tempo la tendenza allo spostamento verso al consumo di bevande analcoliche o a basso contenuto alcolico per ragioni legate alla salute e a una nuova educazione alimentare, che crediamo la Commissione di Ricorso Allargata dovrà tenere in debito conto per uscire da questa impasse.
Oggi sono sempre più numerosi i consumatori che, per ragioni pratiche, salutistiche e/o di altro tipo, preferiscono scegliere di consumare una bevanda alcolica nella stessa sua declinazione analcolica.
E non a caso negli ultimi anni si è registrato un sensibile incremento della produzione e promozione di birra a zero o basso contenuto alcolico, cocktail analcolici, così come vini e spumanti analcolici o meno alcolici.
Si potrebbe pertanto dire che queste bevande tipicamente alcoliche declinate nella versione alcol free o … alcol less soddisfano le medesime esigenze di convivialità, anche quanto a luoghi ed occasioni, dell’originale versione alcolica.
Del resto, anche in occasione del libero acquisto il rischio di confusione potrebbe essere ritenuto rilevante posto che i prodotti a basso contenuto di alcol e senza alcol vengono offerti tramite gli stessi canali di vendita, ad esempio sugli scaffali dei supermercati, accanto o poco distante dalle bevande alcoliche.
Possiamo quindi ancora sostenere che si tratta di prodotti dissimili?
Come può un’azienda che opera in questo settore tutelare correttamente i propri diritti di marchio o difendersi dalle pretese altrui?
Noi professionisti del settore, attendiamo la nuova decisione della Commissione di Ricorso Allargata … voi aziende dei settori coinvolti contattateci per qualsiasi approfondimento!
Avv. Estelita Vivien Peruzzo